La geometria mi affascina da sempre, e non devo essere l’unico a pensarlo, mi son detto, quando ho visto la prima volta i lavori di Jack Daly. Le sue illustrazioni colgono la geometria che sta dietro ad ogni volto e la rendono un insieme di figure geometriche cubiste in qualche modo, ma nelle quali si percepisce una modernità inspiegabile. Non si potrebbe mai dire che i suoi lavori sono “banali” o scontati, perché ogni lavoro di Jack Daly ha la possibilità di mostrare anche ombre e sfondi che vengono regolati con compasso e righello e trasformano un ritratto in un qualcosa di diverso, immobile. Sono da sempre affezionato a questo modo di fare arte, di standardizzare qualcosa che ha una vita e di renderlo regolare, uniforme.
Questo perché, mi son sempre detto, è un esercizio non solo di stile ma anche di studio delle figure che ci circondano e che portano così un’artista a cogliere fino in fondo gli spigoli che possono diventare quadrati, cerchi, triangoli da assemblare nuovamente insieme. Non c’è irregolarità in queste opere, così come invece c’era nelle opere cubiste ad esempio, ma la regolarità che emerge riesce a trasmettere una calma quasi glaciale.
Vi fermerete a guardare ogni centimetro di queste immagini per leggere qualcosa che va oltre alla perfezione delle forme.
Perché la geometria e la regolarità la si può incontrare anche in un volto irregolare, un po’ come cogliere la perfezione là dove non c’è. La vera e unica differenza tra l’artista e le persone “normali”, vedere l’arte dove arte non si vede.